Anche Equitalia, come l’Agenzia entrate, ha l’obbligo di motivare gli atti

25.05.2014 10:49

Anche Equitalia, come l’Agenzia entrate, ha l’obbligo di motivare gli atti

Gli atti della pubblica amministrazione, per essere validi nei confronti dei contribuenti, devono essere motivati con chiarezza [1], mettendo i cittadini nelle condizioni di conoscere i motivi della pretesa tributaria e, dunque, approntare una difesa che gli permetta di contrastare le contestazioni dell’Ufficio finanziario. Questo principio, dettato nei confronti dell’Agenzia delle Entrate e dei suoi accertamenti, si estende anche nei confronti di Equitalia.   Specie quando l’atto dell’Agente della riscossione viene emesso in assenza di un precedente atto di accertamento che lo anticipi, l’obbligo di motivare la pretesa fiscale nella cartella di pagamento risulta più stringente.   Pertanto, la cartella di pagamento deve riprodurre la motivazione della pretesa tributaria; diversamente vi sarebbe una lesione del diritto alla difesa del contribuente.   Questo principio, affermato qualche mese fa dalla Cassazione [2], è stato nuovamente sottolineato dalla Commissione Tributaria di Pesaro con una sentenza dello scorso 21 febbraio [3].

Insomma, anche l’Agente della riscossione (Equitalia) è tenuto a motivare i propri atti (le cartelle esattoriali) con estremi e modalità di notifica dell’accertamento. Lo impone, del resto, lo Statuto del contribuente [1]: la legge dice che qualsiasi atto impositivo deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa, allegando o indicando, nelle parti essenziali, il precedente atto di accertamento; e ciò indipendentemente dalla conoscenza che di questo possa avere il destinatario dell’atto. Per esempio: se anche è dimostrato che il contribuente abbia già ricevuto l’atto da parte dell’Agenzia delle Entrate, la successiva cartella esattoriale, emessa perché il contribuente non ha inteso pagare il dovuto, dovrà richiamare il precedente atto di accertamento.   Anche gli atti di Equitalia, dunque, per essere validi, vanno correttamente motivati. È ormai unanime l’orientamento dei giudici secondo cui le cartelle esattoriali notificate dal concessionario sono soggetti all’obbligo di motivazione previsto dalla legge [1], obbligo che può limitarsi, comunque, nella mera indicazione degli estremi e delle modalità di notifica dell’atto impositivo su cui si fonda l’intervento del concessionario. 
 

Anche la Commissione Tributaria della Puglia è d’accordo con questo principio [4]. In una sentenza del suddetto giudice si legge: “L’obbligo di una congrua, sufficiente e intellegibile motivazione sussiste anche per le cartelle di pagamento, soprattutto quando tali atti non siano stati preceduti dalla notifica di un motivato avviso di accertamento. In particolare, per motivare l’iscrizione a ruolo della maggiore imposta liquidata dall’ente impositore non è sufficiente affermare che “il Sistema Centrale ha calcolato un minor credito d’imposta”: occorre invece che la cartella di pagamento contenga una chiara e adeguata illustrazione delle ragioni poste a fondamento della pretesa impositiva”.

 

Sono, in definitiva, nulle le cartelle esattoriali che si limitano ad indicare il tipo delle imposte e dei relativi accessori iscritti a ruolo, senza neppure indicare le circostanze di fatto che ne costituiscono il fondamento e gli elementi necessari per il calcolo [5].

 

 

 

[1] Art. 7 della L. 212/2000.

[2] Cass. sent. n. 18253 del 30.07.2013.

[3] CTP Pesaro sent. n. 43 del 21.02.2014.

[4] CTR Puglia sent. n. 61/2011.

[5] CTP Milano sent. n. 389/2002.


 

 

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